Siete in giro con un* amic* quando improvvisamente arriva la pioggia. Il vostro obiettivo principale diventa quello di trovare subito un riparo. [Si è attivato il vostro cervello primitivo e questa è una cosa utile perché vi dispone alla “fuga” ma al contempo questa forte attivazione spegne per un po’ il cervello logico.]
Immaginiamo ora tre scenari:
1. L’amic* che è con voi vi trattiene per un braccio e vi dice che in fondo avreste dovuto immaginarlo visti i nuvoloni che c’erano in cielo e che avreste dovuto portare un ombrello.
Certo, è ragionevole ma come abbiamo visto il cervello logico è spento e il vostro obiettivo principale ora è quello di trovare un riparo.
2. L’amic* che è con voi vi dice che in fondo non è un grosso problema, che sono solo due gocce d’acqua.
Magari per lui/lei non è un problema, ma se il vostro cervello primitivo si è attivato per voi è proprio un grosso problema quindi probabilmente la risposta del* vostr* amic* aumenterà la vostra rabbia e vi farà sentire non compresi.
3. L’amic* inizia ad elencarvi tutti i motivi per cui la pioggia sia importante per la terra, per i raccolti, per le nostre vite.
In un altro momento probabilmente potreste ragionarci su, ma ora siete arrabbiati e in fuga. Forse queste sue parole vi faranno pensare che a lui/lei non importi niente di voi e che non è dalla vostra parte.
Ora, facciamo un cambio: al vostro posto c’è il vostro bambino; quante volte vi comportate come l’amic* del racconto precedente?
Quante volte di fronte alla rabbia dei bambini si finisce per minimizzare situazioni e sentimenti, criticare, dare buoni consigli, cercare di tirare su?
Dalla mia esperienza professionale e personale direi spesso.
Quello con la rabbia è un rapporto delicato che mette abbastanza in difficoltà chi la prova e chi assiste perché è un sentimento poco accettato che spesso si cerca di reprimere (e forse è proprio per questo che non parliamo di crisi di gioia ma delle crisi di rabbia sì).
E allora cosa si fa con la rabbia?
Ecco alcuni consigli che spero siano utili:
Rispetta il/la tu* bambin*
Se il/la tu* bambin* non si lascia avvicinare lascia che attraversi la sua rabbia ma resta lì. Lui/lei deve sapere che tu ci sei e che sei pront* ad accoglierl* in un caldo abbraccio (utile per un bel pieno di ossitocina!). Se ce n’è l’occasione (ovvero se il/la bambina* è predispost*) puoi chiedergli di passarti un po’ della sua rabbia (tu sei il faro e lui/lei in quel momento è una barca in un mare in tempesta, il tuo abbraccio può aiutarl* a ritornare al porto) o di soffiare fuori insieme la sua rabbia (come a dirgli “la tua rabbia è qui, fa parte di te, ma possiamo provare ad alleggerirti un po’ dal suo carico.”)
Vedi la rabbia come un’opportunità per costruire un legame profondo. Se non minimizzi, se accogli e ti connetti con il/la tu* bambin* rinforzi il legame con lui/lei
Pensa al fatto che il tu* bambin* è in difficoltà e che quelli non sono capricci.
Spesso le manifestazioni di rabbia dei bambini vengono viste come dei capricci, delle esagerazioni. In realtà il/la bambin* è in difficoltà perché non ha il controllo di quell’emozione così potente, e non ce l’ha per il semplice fatto che la sua corteccia prefrontale (deputata al controllo) non è adeguatamente sviluppata (pensa che tale area raggiunge la maturazione tra i 15-20 anni!).
Quando la calma è ritornata:
Parla di quello che è successo. È importante parlarne perché il tuo obiettivo non è risolvere il problema, ma costruire un legame profondo.
Quindi
Aiuta il tu* bambin* a dare un nome all’emozione che ha appena attraversato.
Un ultimo consiglio riguarda un testo che da genitore e professionista mi è molto caro: “Una rabbia da Leone” edito da Sassi Junior. È un testo che consiglio spesso ai genitori per lavorare sulla rabbia dei propri bambini e per imparare ad accettare questa emozione senza puntare alla sua repressione.
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